Descrizione
Fronte del porto, sia nella sua mitica versione cinematografica (con Marlon Brando, regia di Elia Kazan e sceneggiatura di Budd Schulberg sviluppata in questo romanzo) sia in quella letteraria, più violenta, più amara e pensosa, è tra le immagini simboliche persistenti di un’epoca. Fu letto come la rappresentazione della prepotenza mafiosa contro chi non si piega, nascosta sotto la superficie ordinata della metropoli moderna; e forse, più universalmente, della violenza della massa totalitaria contro il singolo. E in quest’ultima visione, incarnata nel controllo del sindacalismo criminale, fu più amato negli ambienti culturali lontani da ogni simpatia per il socialismo. La storia è quella del pugile fallito Terry Malloy, un portuale, parzialmente invischiato nel sistema, che trova la forza di ribellarsi, grazie all’amore della dolce Katie, sorella di una vittima del sindacato, e al sostegno morale dell’eroico Padre Barry. Oggi si può leggerlo con maggiore libertà: come una possente raffigurazione di un mondo del lavoro cacciato ai margini, e abbandonato alla lotta per la sopravvivenza. Il racconto è pieno di immagini sociologiche, di descrizioni precise della concorrenza per il posto di lavoro, del sistema del caporalato, e dell’uso cinico fattone dai tecnocrati. E, in questo, contiene il malinconico messaggio di quanto disperata sia, in un mondo siffatto, la ribellione solitaria, che può nutrirsi di rapide vampate di tenerezza e di eroismo. Secondo Goffredo Fofi, che scrive la Nota alla presente edizione, è anche la storia di una presa di coscienza. «Se il film e il romanzo si somigliano molto, è però la scrittura a permettere quegli approfondimenti che il cinema nega per sua natura. Il romanzo di Budd Schulberg continua ad emozionare e ad ammaestrare. Finisce male al contrario del film. Sta al prete l’ultima scena del romanzo, è lui a vincere sul Capitale e sul Lavoro, l’eterno rispetto al contingente, la fede più forte della speranza». Ed anche in questo ha molto dell’oggi.
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